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Esistono due mondi, quello interiore e quell’esteriore che sono strettamente interconnessi e dipendente uno dall’altro. 

Il mondo interiore è costituito dal proprio sentire corporeo, sensoriale, propriocettivo, emozionale ecc.. 

Il mondo esteriore rappresenta l´ambiente di vita e della persona, che sia esso fisico o relazionale. 

La paura di portare i propri talenti a disposizione degli altri ha le sue origini nei rapporti che la persona ha avuto nelle sue relazioni primarie. In queste relazioni il bambino non ha potuto costruire e interiorizzare un mondo esterno sicuro e accogliente. Non conosce i suoi stati interni e pertanto temendoli teme anche il mondo esterno.  Nella sua vita vivrà con la paura e la costante credenza di non essere accettato, finendo ad esempio per ritirarsi e investire costantemente nell’acquisire nuove competenze che non saranno mai sufficienti né sarà mai sufficientemente bravo/brava per poter esistere. 

Tutto questo perché nella relazione primaria non c’è stata la capacità da parte della madre o della persona di riferimento di accogliere le proiezioni del bambino di restituirgliele in modo che potesse interiorizzare le sue esperienze e riempire il suo bagaglio mentale. 

apprendimento

Poi può succedere che…

Gli adulti così posti possono vivere una sensazione di vuoto. Qualsiasi cosa fanno non viene loro riconosciuto e reso interiorizzabile come riconoscimento di sé e del proprio valore. 

Faticano a imparare dall’esperienza e il mondo è costantemente percepito come ostile. Il contratto tra realtà e coscienza è spezzato e pertanto le credenze che hanno sono costruite a difesa di questa visione del mondo e di sè. Alla base c’è un rifiuto nel vedere le proprie interiorizzazioni e quindi le persone di riferimento che hanno interiorizzato in quanto considerate pericolose. 

Proiettano su altri costantemente questo schema appreso e questa visione dell’altro come dannoso o inutile non potendo vedere l’altro nella sua realtà. 

Sono offuscati dalle proiezioni negative che non vogliono vedere e da cui fuggono abbandonando ogni percorso che intraprendono. In loro vince l´onnipotenza illusoria di potercela fare da soli ma questo presto o tardi li porta a scontrarsi nuovamente con l´impotenza appresa verso il mondo. 

Possono imitare l’altro e usare i suoi talenti come fossero propri ma non riescono a interiorizzarli. Non diventano mai i loro talenti, li sentono sempre estranei e ne sono in qualche modo ostili.  Fuggono dall’affettività con l’altro attraverso la quale potrebbero interiorizzare il proprio essere e agire. Scappano dalla possibilità di poter finalmente accedere a sè stessi poiché il loro esserci e interiorizzato come pericoloso in quanto il mondo non li accetta. Hanno un vissuto che può essere di questo tipo: la mamma non gli accettati ed è pericolosa, fonte di dolore e insoddisfazione. 

Possono agire nel mondo solo come una copia di un altro ma non essere mai sè stessi. Sono consapevoli di questo ma non conoscono altri modi e hanno paura di percorrere altre strade e di stare nella relazioni che sono soddisfacenti e ristrutturanti non avendo gli strumenti per poterle riconoscere. Generalizzano il loro essere e relazionarsi sulle credenze costituite su basi sofferenti e pertanto si ritrovano costantemente in questo tipo di esperienze. Il loro pensiero è assediato e assediante. Lo pongono come agito nella quotidianità e nelle relazioni.  Non hanno una propria legge e non hanno un bagaglio personale proprio ma solo imitato e pertanto tendente a scomparire ogni qual volta trovano altro che cattura la loro attenzione o che li cattura. Vedono la loro realtà e non riescono a crederci. Non riescono a fare il lutto della realtà vissuta e cercano di non crederci. Crederci significa dover affrontare l´elaborazione del lutto che porta a percorrere la fase in cui è necessario vivere la sofferenza per poterla poi rielaborare e liberarsene. Rifiutano relazioni sane e sufficientemente buone che gli permetterebbero di ricostruire il proprio dialogo e la capacità di esternare i propri stati interni, vedere e conoscere4 il proprio mondo interno e interiorizzare nuove competenze. 

La figura del padre

Dopo la figura della madre, in seconda istanza, in questo tipo di costruzione mentale, sempre rispetto alla paura del mondo, un ruolo importante lo ha la figura del padre, con la sua presenza la sua forza che dona sicurezza alla madre mentre è nell´importante e fragile periodo di cura del neonato a cui partecipa anche il padre in modo totale come la madre.

Nel momento in cui la donna si ritrova non protetta o ostile all’uomo che ha accanto si pongono le basi per le fondamenta fragili e traballanti su cui il bambino dovrà costruire il suo esserci.

Una mancanza della figura paterna o un’interiorizzazione di due figure primarie distanti e conflittuali non potrà che essere la semina di due piante opposte in un solo vaso che tenderanno con il tempo a lottare tra loro per la sopravvivenza. Pertanto il mondo interiore e quello esteriore saranno sempre in conflitto e spaventati uno dall´altro generando ritiro, autodistruzione, lotte, fatica e stanchezza costante. Un eterna lotta tra sé e sé improduttiva e poco utile. 

Il necessario accompagnamento in questa situazione

Occorre in questa situazione occuparsi dell’inconscio e trasmettere questa capacità di capirlo a chi chiede di essere accompagnato al fine di poter vedere le proprie dinamiche, fare pace con il passato, ripulirlo da esperienze che non si vogliono più vivere, e andare nel futuro liberi da esse. 

La libertà, essere liberi, significa essere liberi dai condizionamenti appresi, dalle suggestioni e poter pensare e agire con la propria testa e non con quelle degli altri. Questa si costruisce attraverso l’esperienza che richiede di essere partecipe della vita in tutte le sue forme non dando niente per scontato.

Quando si intraprende un percorso spesso sento esternare la paura di soffrire e dei cambiamenti che ci saranno da affrontare. In fondo si teme la lotta con se stessi che già si vive nel momento in cui ci si ritrova in un conflitto. Il conflitto è di per se già in atto e la sofferenza è già viva come esperienza nell´oggi. L´affronto della realtà ha un prezzo diametralmente inferiore in termini di energie e di sofferenza di quello che invece già si sta pagando, magari da anni, nel conflitto in cui si vive. 

leggersi, capirsi, conoscersi, relazioni

Capacità da risvegliare e affinare

Imparare a leggersi e capire il perché di certi pensieri e azioni. 

Da dove nascono, come cambiarli, come dirigersi verso ciò che si desidera? Testa e corpo, pensieri e azioni funzionano in un sincrono, in un sistema complesso per il quale spesso gli intoppi al suo fluire si trovano in resistenze mal poste a difesa di uno stato di vita non desiderato.

Non basta immaginare scenari possibili e spostarsi mentalmente in altro per dimenticarsi del presente. Se qualcosa dentro urta occorre portarlo alla luce, toccarlo con mano e ridargli concretamente una forma diversa. Non basta la narrazione è necessaria l´azione.  

Due Pelli e la perseverante indecisione del “lo faccio domani”, “domani inizio” 

Vivere in due pelli, essere o uno o l´altro senza mai essere. 

Questo vuol dire restare in un sospeso, non essersi percepito come soggetto e pertanto cercare l’equilibrio invece del cambiamento. Alla base c’è una mancanza di soggettività e un’identificazione parziale con uno con l’altro genitore, questo genere una mancanza di unità psichica. 

Si osserva un voler negare qualcosa ma non sapendo cosa negare quindi niente è vero e tutto è il contrario di tutto. Un bell’esempio lo potete trovare nella storia di Alice dietro lo specchio che vi invito a leggere per approfondire.

Uscirne significa innanzitutto fare il primo passo in quella direzione e secondariamente iniziare a percepirsi come soggetto capace e competente. 

Concludo con questa frase:

Sei giusto per essere amato.

 

Marijana Jufer

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