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Un Lavoro di – Beatrice Formaggio
L’abbandono è una delle tematiche che molti adulti si trovano ad affrontare, più precisamente e comunemente è quello che si instaura a livello emotivo, derivato da dinamiche genitoriali.
L’abbandono ha sfumature e modalità diverse, il genitore troppo impegnato e assente a causa del lavoro creerà vuoti abbandonici nei figli, eccessivamente trascurati e non coltivati; anche la morte di una persona cara viene interiorizzata dall’inconscio come un abbandono.
abbandono

Questa tematica porta sempre con sè due compagne molto comuni quanto scomode: la rabbia e la dipendenza affettiva.

Chi è stato abbandonato e non amato durante l’infanzia sviluppa una forte dipendenza affettiva che si ripropone in ogni tipo di relazione e che fa scegliere persone non adatte a una relazione soddisfacente, solitamente un narcisista.
Altro aspetto caratteriale conseguente, è che il dipendente affettivo non tollera e non sopporta i distacchi necessari alla crescita e alla propria maturazione proprio perché gli ricorda l’abbandono ricevuto.
L’adulto avviluppato in questa dinamica, presenterà un’età psichica inferiore a quella anagrafica perché l’affetto e l’introiezione della presenza genitoriale fanno da ponte alle varie fasi evolutive della persona, per cui l’abbandono fa saltare il percorso psichico normale e crea dei buchi, dei vuoti nei quali la persona rimane bloccata nell’età in cui l’abbandono è avvenuto, perciò un uomo o una donna possono avere comportamenti simili ai bambini piccoli bisognosi di molto amore e di eccessive attenzioni, con conseguenze disastrose per i rapporti che, invece, richiedono maturità ed equilibrio interiore.
Le relazioni dei dipendenti affettivi ricalcheranno verosimilmente  l’abbandono ricevuto, diverranno abbandonici a loro volta e ogni minimo allontanamento sarà interpretato come una minaccia al rapporto. La guarigione potrà avvenire quando la lacuna affettiva verrà colmata da una relazione vera e profonda che vada a ricucire le ferite infantili e sviluppando una giusta e sana indipendenza economica, sociale ed esistenziale.
Subire un abbandono, oltre a creare vuoti e dipendenza affettivi, è un grande generatore di rabbia, essa è una conseguenza del bambino a sentirsi inadeguato ad essere amato e a sentirsi responsabile dell’abbandono subito nonostante non ne abbia nessuna colpa ed una volta diventato adulto, se non  avrà elaborato opportunamente i traumi abbandonici, egli stesso provocherà la distruzione di tutto ciò che c’è di sano nella propria esistenza, e sarà un mezzo per punire se stessi per la presunta responsabilità abbandonica.

Le relazioni sane e gli obiettivi di vita saranno traguardi impossibili da raggiungere, perché macchiati dal senso di inadeguatezza a meritarseli.

La rabbia è una richiesta di affetto che denuncia il dolore subito, ma c’è anche un suo risvolto positivo; infatti consente di uscire e allontanarci da coloro che ci hanno ferito e abbandonato e produce la giusta spinta per salvarsi da situazioni stagnanti che creano ulteriore impotenza e collera.
La rabbia, dona forza e coraggio, riuscendo successivamente a gestirla, può essere una spinta evolutiva se la si riesce a sublimare e trasformare in affettività, verso se e verso tutto il proprio universo relazionale.
All’abbandono si può rispondere con il “Prendere” e “Darsi”, tutto quanto di buono arriva dalla vita.
Beatrice Formaggio
Laureanda in Psicologia
Iscritta presso L’Associazione di Emodeling
Svizzera.

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